CONVERSAZIONE CON CAVEZZALI (ovvero l’intervista definitiva)
Il titolo è un po' borioso, con Massimo Cavezzali non c'è alcunché di definitivo. Sta attraversando il quarto decennio di strisce, vignette, storielle a fumetti e andrà avanti ancora. Di persona vedi l'eterno ragazzo, riccioli lunghi e giubbotto e jeans. Come se il tempo gli passasse liscio, giusto un po' di grigio, appena impolverato, ma non guasta, anzi. Ma attenzione: non ha niente dell'auto d'epoca, non fa parte delle memorabilia viventi degli anni '70 e '80. Lo stile è eterno e forse non invecchierà mai, sarà sempre meno datato della generazioni successive. L'ascolti, lo guardi e ti accorgi che non appartiene a nessun tempo. Come i suoi fumetti. Qualcuno sostiene che è un panda da proteggere ma nella foresta si arrangia benissimo ed è felice così, come scoprirete tra poco .
È più una conversazione che un'intervista. E ci siamo divertiti molto, arrivando a un finale epico che passa anche per la nascita, dopo aver appreso dove Cavezzali tiene il suo prezioso archivio.
Magari definitiva no, ma questa volta ve lo raccontiamo davvero.
[Max Olla] C'è uno tra i tuoi filoni umoristici che mi incuriosisce particolarmente. È quasi un tema di fondo che ricorre e ritorna spesso. Lo definirei: la spiritualità. Già ai lontani tempi della rivista Il Mago una delle tue prime serie aveva Dio (S.p.A.) nel titolo. Da ultimo quando hai ripreso a disegnare strisce qui su Balloons, davanti al foglio bianco (da cercare con le matite perché ormai non sapevi più dove stavano in casa) ti è venuta fuori Big Bang, ambientata tra vecchio e nuovo testamento, creazione, divinità. Non solo: nelle vignette che sparpagli su Facebook, persino in Kika, le riflessioni universali ed esistenziali si sprecano. Certo c'è la gag, l'inversione logica surreale, la presa in giro dei luoghi comuni. Ma il tema ti piace assai. Occhio e croce non sembri tipo da catechismo il pomeriggio della domenica, nemmeno da dibattiti filosofici. Da dove arriva questa "spiritualità"?
[Massimo Cavezzali] Umorismo e spiritualità sono vecchi amici. Ho letto che è uscito fresco fresco un libro: il percorso di un comico che si interroga su Dio. Ripercorre un po' la continua ricorrenza a temi spirituali: Dio e diavolo, creazione e apocalisse, inferno e paradiso, in tutta l'opera di Roberto Benigni.
Più o meno anch'io, diciamo, senza fare accostamenti bischeri, percorro strade simili.
Il tema mi piace assai, è vero. Perché? Per indole credo o forse è colpa dell' irrequietezza cronica. O dell'esistenzialismo adolescenziale che si è trovato così bene con me da non andarsene mai. O della tendenza a fare un po' il bullo, di accettare sempre la sfida di sapere rispondere ai mutamenti. Ci metto anche un po' la vanità di fare l'araba fenice. E senza merito, di avere sempre quel gatto attaccato ai coglioni che è la voglia di comunicare. Di sicuro mi piace provare ad andare oltre il ridere.
Questo è interessante, perché magari si immagina l'umorista di strisce e vignette come un compagnone ridanciano e leggero. Talvolta non si percepisce come tra comicità e riflessioni sulla vita non ci siano confini.
Facciamo il punto sul tuo umorismo e sul tuo procedimento creativo: non ti piace la cronaca, non ricordo di averti visto fare satira politica e nemmeno tanto sociale, ti piacciono i temi universali. Solo quando parli di musica ti agganci a personaggi reali, come l'amato Vasco. Tanto che le tue tavole sembrano senza tempo, quelle di dieci o venti anni fa funzionano ancora adesso e viceversa quelle di oggi potevano uscire trent'anni fa. Queste riflessioni sghembe, gli aforismi imprevedibili e bizzarri, i dialoghi singolari delle tue strisce, quando ti saltano in testa? In giro per la città, il fine settimana nei tuoi giri per mercatini? Li fermi su appunti o li butti giù direttamente assieme al disegno? E che cosa li innesca?
Hai detto bene. La satira politica mi deprime. E non voglio trarne profitto. Cerco di fuggire opportunismi e meschinità. E sono anche sociale il giusto. La musica è ben altra cosa. La musica mi piace. E se una cosa mi piace posso cazzeggiare e sbeffeggiarla. Quello che non mi piace non mi suscita niente.
Per quanto riguarda invece il procedimento creativo, ho dei meccanismi abbastanza automatici. Situazioni ideali, come in macchina ( ho anche disegnato molto in macchina - macchina ferma intendo - parcheggiata sempre col muso verso l'uscita, per scappare prima, casomai.), in treno, possibilmente seduto vicino alla porta del corridoio o al tavolino di un bar (altra situazione dove ho disegnato abbastanza e sempre tenendo d'occhio l'uscita).
Scusa, perché sempre con un occhio alla via di uscita? per scappare da cosa?
Ready to run ...scappare da niente di preciso, però sempre pronto... è uno stato di allerta che mi viene naturale.
Mediamente butto giù appunti su carta da fotocopie A4, compresa la carta da fotocopie ecologica che all'inizio mi faceva schifo scriverci sopra ma adesso mi ci sono abituato, ma anche sui giornali, bordi e spazi, fogliazzi vari. Mi va bene tutto.
Scrivo con la mia calligrafia poco leggibile e in fretta.
Spesso questi appunti poi non servono. Un po' perché non capisco cosa ho scritto e un po' perché la cosa giusta da scrivere mi viene invece poi lì per lì, immedesimandomi e senza nessuna preparazione.
Non so perché ho fatto la domanda, avremmo dovuto immaginare che non c'è alcun metodo nella follia di quelle tavole.
Hai sempre pubblicato sin dall'inizio, per bravura e fortuna. Con continuità su riviste a discreta diffusione. E con il tempo hai accumulato un buon numero di estimatori, un tuo pubblico di lettori, con tutta probabilità molto più vasto di quello folto che hai ritrovato su Facebook.. Due domande che hanno un sottile collegamento. La prima: come mai non hai mai mollato il tuo lavoro di impiegato e mai voluto (o potuto forse) farne una professione del disegnatore umorista? Che so, come Totaro o Ciantini o altri ancora, che un giorno si sono alzati e si son detti: "beh, voglio campare di questo". (io avrei un'ipotesi, ma te la dico dopo).
Mai avuto uno studio. Nonostante tutte le cose che ho pubblicato. Nonostante la resistenza di 35 anni di fumetti. Nonostante tutti quei libri e libretti . Mai avuto uno studio anche se ogni tanto ci ho pensato. Mi ci sono anche immaginato, lì, dentro lo studio, a cercare una scusa per uscire subito fuori. Mai pensato di lasciare il lavoro. O anzi si, all'inizio, e in quel lungo periodo quando pubblicavo in sei sette riviste contemporaneamente, prendevo il taxi per andare a comprare le matite ed ero anche un po' stressato. Ma poi via via ci ho pensato sempre meno, fino a sentirmi adesso un po' inebriato di essere libero di fare quello che mi pare, senza necessità economiche anzi, terrorizzato di dovere emettere qualche nota.
Semmai forse, più che in uno studio, mi sarei visto in una specie di caverna di Alì Babà, piena di vecchie cose trovate, e con un fondo un tavolino per disegnare o dipingere. Dipingere già mi tira di più perché è una cosa più vaga. O seduto in al bar davanti al mare. Forse meglio. Ma questo più o meno, ogni tanto già lo faccio. Mi considero un professionista umorista naturale. Non so se per questa scelta, mi sono salvato o mi sono affondato.
Stando molto bene come sono, ognuna delle due ipotesi mi soddisfa comunque.
Questo conferma la mia ipotesi. C'è dietro "un anelito di libertà". Una cosa è diventare autore professionista, devi avere un'autodisciplina, farne un mestiere e a quel punto spesso per creare per forza si finisce per perdere creatività e follia. Un'altra è fare magari lo schiavo salariato ma mettere giù i pensieri e disegni che vuoi quando vuoi.
Seconda domanda collegata: osservando i tuoi lavori e gli esperimenti ho come l'impressione che ci sia sempre la voglia di stupire, anche nelle cose semplici, rovesciando la logica di tutto. È come se cercassi sempre il colpo più complesso sul tavolo da biliardo, quello che con dieci sponde e geometrie imprevedibili manderà la palla in buca e tutti faranno "ohhh". Oggi ancora di più, sembra più attirarti qualcosa che lascerà a bocca aperta che non un successo facile tra i lettori. È così?
Per salire o scendere dalla zattera della medusa meglio avere bagaglio leggero e funzionale. Poco e veloce il disegno e bella e forte la battuta o la frase. Ammiro chi disegna bene benissimo e chi severamente si applica per una battuta standard, ma a me ha sempre annoiato anche solo ripassare col pennarellino la matita. L'esempio del biliardo che hai fatto mi piace. E' vero tendo più di prima a tentare il colpo sotto. Palla che si muove in avanti mentre ruota all'indietro o azzeccare un ace. Mi adrenalizza assai.
Siamo quello che mangiamo, ma anche quello che abbiamo letto, visto, ascoltato. Di cosa si nutre Cavezzali per essere così?
Quello mi nutre ha subito nel tempo una continua selezione per la sopravvivenza. Ma ancora mi nutro di quello che ha alimentato la mia adolescenza. Partendo da Carl Barks e finendo in un minestrone di Edgard Allan Poe, i Byrds, Donovan, I Rolling Stones, Bob Dylan, Zappa, i Beatles, i Velvet, il Beat italiano, la Protesta, l' Underground, la Psichedelia, la Pantera Rosa, gli Addams, Warhol, Tamayo, Pollock, Modigliani, Baudelaire, Zabriskie Point, Easy, Rider, Il giovane Holden, Battisti, i gialli, la fantascienza, i Led Zeppelin, Winter, Hemdrix, Balthus, Bacon, e vai e vai compresi tutti quei libri, fumetti, dischi, comprati, buttati e ricomprati per pentimento infinite volte negli anni.
Col tempo si sono aggiunte moltissime altre cose, ma sono state sempre meno quelle che hanno lasciato un segno durevole. Magari tracce, anche importanti, ma non più solchi. A parte Vasco Rossi. Voglio nominare anche Baggio per affetto . Per fantasia. Anche adesso continuo così, compro, sento, vedo, leggo, butto, tengo. Nel recente i Baustelle, Mark Kyden...nel recentissimo i Fleet Foxes, Franzen...
(Condivido il piacere per i Fleet Foxes disco di terribile e ruffiana bellezza, ma purtroppo parlare di musica ci porterebbe fuori tema).
Mi hanno infilato in tasca dei bigliettini con delle domande per te, un po' maliziose, tendenziose e cattivelle. Posso proportele e ti dimostrerai superiore rispondendo a tutte?
Ti dimostrerai superiore dicendomi chi ti ha infilato i bigliettini? Se si, rispondo a tutte.
Allora, in ordine sparso. Una casalinga dai dintorni di Voghera ci scrive: "Signor Cavezzali ma nessuno le ha mai detto che il suo omino somiglia troppo a quello di Mordillo?" Una contadina della provincia di Pavia: "Come diavolo fa ad essere ispirato da quel vecchio laido e inutile di Vasco Rossi?". Un'altra che si firma "fan ansiosa": "le frasi geniali che vignettizza [sic] su Facebook le metterà in una raccolta (che comprerei) o sono invece sono vecchie e fanno parte di una raccolta di aforismi Cavezzaliani uscita mille anni fa?" Un signore suo vecchio estimatore da Firenze:(forte accento toscano, c dura buttata nel gabinetto 50 anni fa) "è vero 'he, a differenza dei comuni mortali 'he al massimo ci ospitano qualche mostro, sotto il suo letto ci sono decine di 'asse di giornalini frutto di progetti bislacchi e folli mai andati a buon fine?". Un fedele lettore di Balloons: "ma davvero chiede al bar un bicchiere di acqua minerale mezza gassata e mezza naturale? Lo fa perché le piace essere stravagante? Non fa un po' schifo da bere? ".
a) E' la maledizione del 9. Ogni 9 anni nasce un disegnatore che fa i nasoni. Nel 1923 è nato Jacovitti. Nel 1932 Mordillo. Nel 1941 Bonvi. Nel 1950 io.
b) Questa è una altra maledizione. Quella dei nati sotto il segno dell'acquario. Vasco Rossi ed io siamo nati a pochi giorni di distanza, pochi anni di distanza, pochi chilometri di distanza, pochi centimetri di differenza. Tutto in più a mio favore ovviamente.. Tutti laidi e inutili. E' una confraternita.
c) Le frasi geniali sono tutte nuove. Le frasi sceme sono quelle vecchie. Ho preferito differenziarmi per distinguere i due periodi. Ci farò un libro…forse, si forse.
d) Progetti bizzarri, folli e bislacchi ne ho fatti tanti. Andati a buon fine, pochi. Portato fortuna, tanta! Non solo a me, ma anche ai disegnatori che ci hanno partecipato. E soprattutto agli editori. Una buona scusa per chiudere e rifarsi una nuova vita senza pagare mai nulla a nessuno. Per la mia capacità di ideare nuove riviste destinate al fallimento immediato sono stato cercato. Perché non è mica facile. C'è sempre qualche bischero che compra qualsiasi cosa e che così, tenendoti a galla ti inguaia.
e) Mai chiesto un bicchiere d'acqua mezza gassata e mezza naturale. Sempre e solo, mezza naturale e mezza gassata.
Chapeau, risposte in perfetto stile Cavezzali. Provo a fartene una più cattiva io e riguarda Kika, la striscia che realizzi in società con Andrea Camerini. Ne abbiamo parlato tempo fa con una recensione. Più guardo quei due gatti Kit e Kat - mi piacciono tantissimo - più mi sembrano i cugini felini del Palmiro di Ciantini, tuo grande amico e compare in tanti progetti. Per minimalismo e sintesi del segno potrebbe persino averli disegnati lui e allo stesso tempo sono lontani dal tuo stile e direi anche da quello di Camerini. Quanto c'entra davvero Ciantini nella progettazione di quei mici, forte influenza, consigli, imbeccate?
Kika nacque come un progetto di Ciantini e Camerini. Io in quel periodo non c'ero. So che Ciantini ideò il nome Kika, e Camerini realizzò graficamente i personaggi. Fare una striscia giapponesizzata, credo fosse questa l'idea. Dovevo fare i testi, ci si trovò un po' di volte in un bar di Firenze ma la cosa non partì. Anni dopo proposi a Camerini di provare a fare questa striscia dimenticata. La mandai a Lupo Alberto ma non piacque. Dovetti insistere, rinunciando a cose mie per riuscire a metterla. Bischero, direbbe qualcuno. E invece no. Piano piano la apprezzarono molto anche loro. Delle 2000 strisce uscite, io ho fatto tutti gli schizzi e i testi (esclusi quelli fatti da Camerini), dando alla serie una sua dimensione abbastanza particolare. Camerini ha disegnato tutte le strisce.
2000 tavole solo di Kika, poi un'infinità di altre serie di strisce, di vignette, delle storielle della papera Eva, di copertine, schizzi ecc. In questi 40 di disegno umoristico (sono circa 40 no?) devi aver accumulato un archivio immenso, anche grazie alla facilità creativa agevolata da un disegno semplificato e svelto. Quelli che si onorano di essere tra i tuoi "amici" su facebook negli ultimi due anni ti hanno visto pescare e scodellare disegni diversi ogni giorno a un ritmo pazzesco. Ma esiste un archivio, una classificazione di tutta questa roba, oppure è il caos? Conservi con cura tutti gli originali?
Mi sembra che siano 35 anni . Sarebbe un archivio immenso, ma io non sono un archivista, anzi sono sempre stato poco preciso. Molti originali non sono mai tornati indietro dalle riviste ( ad esempio tutti gli originali colorati di Ava pubblicati sul Grifo), molti direttori di giornali mi hanno sempre chiesto: posso tenermi questo, posso tenermi quello.... e così via. Poi cambi di case, di cose, di chiese. Ho una parte degli originali, ma solo una parte. La maggior parte è nel bagagliaio della macchina. Può far ridere, anzi, fa ridere anche me, ma è così. Però avendo pubblicato una ventina fra libri e varia, posso riprodurre una grossa parte di quello che ho fatto. Poi disegno sempre e quindi le cose odierne, veloci veloci, semplici semplici, hanno già riformato un corpus cospicuo di fogliacci. Comunque diciamo che è sempre caos, ma organizzato meglio di una volta. Circa Facebook quello che tu chiami ritmo pazzesco in realtà è solo quel poco che riesco a fare dati i tempi che ci dedico.
La mia idea, sarebbe quella di realizzare una specie di "ansa comics", come le notizie ansa, però fatta di frasi. vignette e strisce, inserendo cose, commenti alle situazioni, frasi e stronzate a ritmo continuo, ogni pochi minuti, 24 ore su 24.
Interessante l'idea di un Ansa comics, anche se non me l'immagino legata all'attualità vista la tua refrattarietà ai temi di cronaca.
In realtà vorrei parlare di originali. Anche perché mi è sembrato di intuire che tu abbia al riguardo una posizione particolare ora, so che non li concedi facilmente e comunque attribuisci loro un valore superiore a quello del mercato. Non so se hai visto il film, ancora nelle sale in questo periodo, "Senza arte né parte" di Giovanni Albanese. Sotto forma di commedia si gioca sul tema serio della riproducibilità dell'arte contemporanea (una banda di sfigati si reinventa un mestiere come facili falsari) puntando a dimostrare che quel che conta oggi (diversamente forse da un tempo) è l'idea, non l'oggetto o il supporto della prima creazione. Tu stesso hai appena detto che è uno scherzo rifare le tavole pubblicate e perse di un tempo e forse in tanti bravi disegnatori possono rifare un "Cavezzali" dato il tratto molto semplice. Quel che non possono però fare è il tuo magistrale spunto creativo. E allora perché dare tanto peso agli originali? Forse la domanda bisognerebbe porla a un collezionista folle come Giuseppe Scapigliati.
Do ai i miei originali un valore alto perché riesco a guardarli con occhio distaccato. Perché li ho già fatti. Mentre li faccio invece, tutto cambia. Li considero anche niente.
Regalarli, cambiarli per un bicchierino di assenzio o stracciarli è uguale, no? La valutazione non è una cosa che appartiene a quel momento.
In quanto a rifare un disegno come il mio…non so, secondo me, pur essendo semplice, è molto meno facile da riprodurre di come sembra.
A proposito di disegno semplice, è vera la voce messa in giro che qualche volta, solo qualche volta, avresti "preso provvisoriamente in prestito" (rubare mai, non sta bene dire così) pezzi di disegno altrui?
Si, da Ciantini...da Burns anche e sicuramente da qualcun altro. Adoro il bric e brac. Mi piace come gli altri fanno le sveglie, gli stadi, i lavandini, i tubi, i chiodi e tutta quell'oggettistica che nel bel tempo che fu mi piaceva usare. Come Bob Dylan che pescava frasi poetiche di qua e di là. "Dammiti e prenditi, cuccuruccù" come diceva Brancaleone. Non molti mesi fa, a casa di Contemori, presente a testimone fidato Scapigliati, dissi a Lido che le sue vignette erano una miniera di oggettistica.
Comunque sia, in realtà ti piace aprire collaborazioni, abbiamo citato Camerini, c'è James Hogg, con Ciantini oltre che diversi fumetti hai scritto a due mani un paio di gialli serissimi. Ti si potrebbe definire un solitario socievole: per indole individualista, giri molto per i cavoli tuoi per le lande toscane, a seguire passioni, mercatini, letture, cibi, vini e musiche. Ma anche pronto a collaborare con altre forti personalità, fare band e non più il solista se c'è la scintilla giusta. Ma com'è condividere le idee con altri, una piacevole fatica? Uno stimolo in più?
Solitario si. Ma anche "ho camminato a lungo senza meta, finche ho sentito cantare in un bar" come diceva Battisti. Mi è piaciuto collaborare con autori, magari in quel momento non molto conosciuti e mi è piaciuto anche dare qualche possibilità. Nel periodo Comix mi ha divertito l'idea di vedere come veniva Ava disegnata da altri. Anche perché mi faceva fatica farla. Tutte e due le cose. E così Ava è stata disegnata da Zueneli, e anche da Camerini. Se le rivedo non mi dispiacciono. Interessante l'esperimento "Paperi e Papere" con Ciantini, abbinare Ava e Palmiro. Ne sono venute fuori cose carine e anche due libri. Anzi quattro. E molte vere risate. Con James Hogg ho realizzato una storia di Ava lunghissima . Con Camerini collaboro ancora per Kika, i ruoli sono abbastanza netti. Condividere le idee con gli altri è bello, ma l'adrenalina dura finche dura, e poi si perdono pezzi per strada, alcuni anche importanti, e ad un certo punto devi per forza tornare indietro da solo a recuperarli e rimontarli. Ed è una fatica.
Ti propongo una riflessione sulle comic strip, sulle strisce (ma si può estendere pacificamente alle vignette). E vorrei fosse emotiva più che razionale. Quando una comic strip è bella davvero? Da guardone di lungo corso oggi una striscia non mi attira più tanto solo per la gag oppure il disegno spiritoso o magnifico. Fumetto rapido e sintetico, mi piace davvero quando mi stupisce, quando la magia della combinazione di disegno e testo sorprende e spiazza anche solo un po' oppure fa vedere le cose diversamente. E magari pensare.
In genere evitiamo su Balloons la domanda, così come classifiche, hit parade, voti e stelline, armamentario molto amato nel web, ma a te - hai attraversato decenni in questo genere di fumetto - è piacevole e in un certo senso distaccato chiederlo. Quali strisce, quali autori davvero ti hanno emozionato o sorpreso in passato? Quali oggi? In Italia e nel resto del mondo.
Una risposta emotiva? Allora veloce. Chi mi ha colpito allo stomaco sono stati solo i Peanuts e B.C. Da ragazzino raccattavo sulle bancarelle tutti gli Urania solo per leggere la striscia di B.C in fondo. Prima le strisce, poi i mostri spaziali. E i Peanuts quando li ho visti sul primo numero di Linus, hanno cambiato la mia vita perché poco dopo mandai qualche striscia a Linus e me ne pubblicarono una nella posta dei lettori. .Ma ero un ragazzino , tra i 13 e i 15 anni. Pur piacendomi molte cose e apprezzando molti autori, dopo niente mi ha più fatto quell'effetto magico. Né ieri, né oggi.
Poi più niente su Linus? Hai pubblicato su quasi tutte le riviste simili ma mai su quella. Si può vedere quella prima striscia pubblicata nella posta dei lettori?
Quando ho pubblicato quella mia prima striscia su Linus avevo 15 anni. Avrei potuto dire che ne avevo 18. Ma lasciai perdere. Certo che si può vederla.
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[Apriamo una parentesi quadra, retroscena della conversazione: un filo di panico comincia a diffondersi perché trovare quella prima striscia sembra diventato essenziale per pubblicare l'intervista, tutto non ha più senso senza. "Ho buttato all'aria il bagagliaio ma non trovo quel numero di Linus. Eppure ce l'ho, ma chissà dove, in quale casa, in quale posto. E me lo ricordo anche bene, anno 1965, copertina fucsia, Snoopy vestito da guardia inglese col colbacco in copertina...tu ce l'hai? Pagina dei lettori, penultima di copertina. Mi piaceva anche a me rivederla...dai Max... trovala...". Ho quasi quattro decenni di Linus raccolti, ma non quel vecchissimo numero della prima annata. Devo cercare aiuto, per fortuna qui su Balloons non mancano quelli che ci respirano con le strisce. Pausa. Lo tira fuori Stefano Frassetto, il quale si noti bene manco era nato quando quel Linus uscì, e questo vi racconta tutto. Arriva la scansione. Che salva l'esordiente disegnatore del 1965 attualmente con l'archivio in una autovettura. "Ooooh che meraviglia... è la mia nascita..."]
(prima striscia, Linus 1965)
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Torniamo al felino sempre ben aggrappato ai testicoli, ovvero la voglia di comunicare. Negli ultimi due anni sei diventato un "facebookiano" praticante. Amici ora a quota 2250, aforismi, frasi bislacche, vignette, schizzi, strisce, roba antica come nuova, tutto mandato in condivisione più volte ogni giorno. Uno spasso davvero per il gruppo che ti segue lì. So che la consideri una zona web per sperimentare. Ma non è uno strumento un po' anomalo per comunicare? Facebook è una sommatoria di ego, tutti messi sullo stesso piano. Era nato per mettere in relazione comunità con stesse attività o aeree di interesse. Ma il vezzo di collezionare amici come figurine ha stravolto il mezzo. Lasciamo stare il discorso, ormai ovvio, che amici non sono, questo si sa, non credo tu (come altri) possa anche ricordare tutti i 2200 della tua lista. Hai idea di come appaia una bacheca di una persona con "solo" qualche centinaio di amici? I tuoi messaggi, il pregevole artigianato fumettistico, appaiono mischiati assolutamente alla pari con tutte le carabattole web copia incollate, le massime banali da calendario di frate indovino, le bufale rimpallate senza fine, gli appelli per tutte le cause del mondo, i giochini, il centesimo commento sulle cazzate di Berlusconi. Basta mezza giornata, anche meno, e i tuoi contenuti scompaiono sommersi da altri. Crea l'illusione di una facile claque, e allo stesso tempo non è universale: solo i tuoi "amici" possono vedere quel che mostri, a differenza di un blog, un sito o un altro qualsiasi medium dove potenzialmente può arrivare un qualsiasi nuovo lettore. Insomma, tutto questo farà felice Zuckerberg e i suoi inserzionisti ma Facebook non è un mezzo un po' limitato e improprio per chi ha davvero qualcosa da comunicare?
Facebook mi permette di fare una piccola trasmissione radiofonica, come la chiamo io. Inserire cose, vecchie, nuove, appena fatte, in un brevissimo spazio di tempo. A volte anche inventandole lì per lì. Non uso quel mezzo per chattare, fare conoscenze o altro. Anzi, dico pochissime cose ad accompagnamento dei disegni. Però in cinque minuti, capisco subito se quello che ho messo piace, funziona o no. E' una opportunità che ai disegnatori di fumetti è sempre stata negata. Il responso immediato. Come su un palco. Pur nel suo evidente limite è una esperienza utile e divertente e un ottimo posto per sperimentare. Se poi tutto questo è divertente anche per gli altri, meglio.
E ora la domanda finale, quella universale. So già che la volevi e ti garba per la sfida. Che si prova a cercare di comunicare con i fumetti?
La domanda che mi sarebbe sempre piaciuto che qualcuno mi facesse. Anche se non ho mai saputo cosa avrei risposto. Comunicare coi fumetti. No fare fumetti che è un altra cosa. Felicità e disperazione. Felicità perché il mezzo è leggero, semplice, portatile, veloce. Disperazione perché è fragile. A volte te lo senti anche stretto. Inadeguato. Non puoi fare la grande struttura narrativa, non puoi fare Joyce e Franzen. Non puoi nemmeno coprirti di colori e lasciarli gocciolare sulla tela. Non puoi pasticciare il foglio. Non puoi fare Pollock. E neanche meno di meno. Non puoi rappresentare bene un malessere. Non puoi fare semplicemente l'umorista. O il bel disegno. Soddisfa la vanità, ma non va oltre. Niente serve se quello che fai non ti porta più in là. Chi l'ha detto aveva ragione. E alla fine ti rendi conto che forse col fumetto puoi fare un altra cosa. Sparare un colpo. Un colpo in canna. Alla pari con chi legge. Ho ritrovato l'eroicità. Un duello come nel Far West. E questo mi ha riappacificato col fumetto.
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# postato da Max @ martedì, giugno 07, 2011
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Le strisce che amiamo:
[elenco umorale, sentimentale e parziale, sono molte di più]
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Krazy Kat di Herriman Mutts di McDonnell Calvin & Hobbes di Watterson
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